LA NECESSITA’ DI CAMBIARE LE REGOLE PER ADATTARSI AL NUOVO CONTESTO CHE SI E’ VENUTO A CREARE

Oggi viviamo in un mondo sempre più interconnesso e interdipendente;  naturalmente questo ha sia aspetti positivi che negativi, ed è indubbiamente vero che questi legami non possono essere ignorati, soprattutto quando cerchiamo di mettere in atto misure per costruire un mondo migliore e, quindi, in ogni contesto “politico” inteso nel senso più alto del termine.

Purtroppo il disorientamento oggi è tale che in molti, addirittura,  non condividono nemmeno lo stesso concetto di “mondo migliore”  verso cui tendere.

Per avere un solido punto di partenza potremmo definire il concetto come la massima disponibilità, per tutti i cittadini, di beni, servizi e buone relazioni sociali. Solo la compresenza di questi tre parametri fondamentali, infatti, costituisce la base minima indispensabile per garantire la migliore qualità della vita.

Qualità della vita che, a differenza della massima ricchezza individuale oggi normalmente perseguita,  può garantire un vivere pieno e realizzato, non solo individuale ma anche collettivo.

Ma ritorniamo alle aumentate connessioni del mondo moderno e agli incrementati effetti di interazione tra le diverse sue parti: rispetto al passato il nostro benessere individuale dipende, in percentuale, assai di più dalla collettività globale che dalle condizioni più vicine alla nostra esperienza quotidiana.

Oggi l’impoverimento della classe media, ad esempio, è indipendente dal comune di residenza e dipende in modo crescente da caratteristiche nazionali se non continentali o mondiali.

Questa presa di coscienza ci fa mettere in discussione molte “certezze ” del passato e rende necessario anche stabilre un set di regole, in parte nuove e diverse da quelle del passato.

Regole in passato molto importanti, oggi non hanno piu senso e nuovi contesti emergenti richiedono un cambio di paradigma e di regole da mettere in campo.

Uno dei tanti esempi di questo è il problema della vendita libera di armi, anche da guerra , retaggio storico e addirittura costituzionale, degli Stati Uniti d’America. Una regola che aveva senso duecento anni fa oggi costituisce un tremendo pericolo come hanno potuto sperimentare migliaia di studenti, purtroppo uccisi o feriti nelle loro scuole da folli che troppo facilmente dispongono di armi.

Tuttavia, nonostante l’evidenza, la lobby delle armi, grazie al suo indubbio potere anche economico, riesce a imporre a 300 milioni di nordamericani la propria volontà, contro innumerevoli proteste popolari in tutto il paese.

Siamo di fronte alla necessità di limitare, se non vietare, la vendita delle armi: eppure un relativamente piccolo numero di uomini di potere riesce, anche con strumenti di manipolazione di massa, a imporre il proprio volere.

Un volere agganciato a “schemi mentali di riferimento”, che vanno immediatamente in crisi quando lo studente ucciso a scuola da un pazzo armato di AK 47 è il proprio figlio. Improvvisamente diventa evidente e perfino banale ciò che prima non lo era…

Allo stesso modo dobbiamo onestamente denunciare un altro enorme problema, oggi esistente, quello della ristretta èlite di persone talmente ricche da acquisire potere manipolativo su governi e parlamenti.

Una ristretta cerchia di persone (ad oggi 8 persone gudagnano come metà della popolazione globale),  che di fatto, hanno la possibilità di viziare il processo stesso di formazione delle leggi, creandovi dentro “scappatoie” per garantirsi un potere se pur indiretto, sempre crescente e difficilmente contrastabile.

Anche un bambino capirebbe che una collettività funzionante non può permettere che dei privati prendano scelte che condizionano l’intera collettività e condizionano il raggiungimento del “bene comune”.

E’ per questo che a mio avviso è giunto il tempo di cominciare a discutere pubblicamente di un tetto oltre il quale non sia più possibile arricchirsi, di un “reddito massimo socialmente sostenibile”, sufficientemente alto da garantire un pieno benessere personale e la spinta a imprendere, ma da impedire anche che la collettività rimanga alla mercè di interessi privati, sempre più scollegati dalla realtà del cittadino comune.

Questo reddito massimo socialmente sostenibile, insieme ad un reddito minimo di cittadinanza, è previsto dalla teoria economica e sociale del “Bene Comune”, prima denominato “Capitalismo a doppia valvola di sicurezza”,  che prevede tra l’altro, anche di agganciare in modo dinamico il valore di questa soglia al pareggio di bilancio dello stato.

Per approfondire la teoria ecco un link utile:

 

la teoria economica e sociale del “BENE COMUNE” conosciuta anche come “CAPITALISMO A DOPPIA VALVOLA DI SICUREZZA”

Ermanno Cavallini

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