Recensione serie tv : l’UOMO NELL’ ALTO CASTELLO

La serie, tratta dal celebre libro di Philip K. Dick , si presenta da subito come un utilissimo stimolo di riflessione volta a costruire un mondo migliore.  In questo caso per contrasto, mostrando, cioè, le degenerazioni e la bassa qualità della vita che ogni sistema dittatoriale inevitabilmente determina.

Lo scenario sono gli anni ’60 di una realtà parallela, dove la seconda guerra mondiale è stata vinta da tedeschi e giapponesi (l’italia è stata “integrata” nel  grande Reich ). Gli Stati Uniti sono divisi tra queste due superpotenze in un equilibrio non molto distante da quello della  guerra fredda nella nostra realtà.

Ma la cosa davvero interessante della serie, è soprattutto la narrazione delle vite dei molti protagonisti che vestono i ruoli più diversi (spesso anche opposti) nelle società delle varie nazioni.  Vite di personaggi estremamente verosimili e sfaccettate , che mostrano la reale difficoltà nel discernere  tra bene e male nelle situazioni che ognuno di noi si trova a fronteggiare anche quando compie le scelte quotidiane.

Nonostante i diversi regimi, molte dinamiche  non risultano poi troppo differenti dalla nostra realtà e cosi le potenzialità di riflessione che ne derivano, come in una sorta di laboratorio sociale accelerato,  risultano a mio avviso, molto potenti.  Anche l’economia mondiale nel suo complesso, si presenta molto simile a quella reale, con grandi aziende votate al profitto ad ogni costo  ed una criminalità organizzata molto influente (soprattutto la Yakuza in questo caso).

Ma lo stimolo di riflessione davvero interessante sta nell’evoluzione che le convinzioni dei singoli personaggi hanno, man mano che i fatti si dipanano e che questi fanno esperienza.

Verso la fine, persino il gerarca nazista  dalla folgorante e brillante ascesa,  vede la sua famiglia andare in rovina a causa delle convinzioni  che stanno alla base del suo apparente successo personale e che propina ai suoi sottoposti.  Pian piano, nascondendolo in parte forse anche a se stesso, comincia a riflettere e capire che, nonostante tutto, quello non è il mondo migliore possibile.  Perfino lui comincia a mettere in discussione i propri “ancoraggi mentali di riferimento” e comincia a capire che deve iniziare a lavorare per un mondo diverso, cambiando anche le proprie intime convinzioni e quindi la percezione che ha di sé.

Significativa anche la figura del ministro del commercio giapponese, permeato dal vero pacifismo di chi ha perso i propri cari in guerra, unica figura davvero positiva in un governo giapponese militarista e dispotico, dove i generali dalla visione limitata, forzano la mano perfino all’imperatore.

E’ una storia di mutazione degli schemi mentali di riferimento di numerose persone e, con un certo ritardo, anche  degli stessi popoli.  Poco a poco che le puntate si susseguono, lo spettatore accorto si rende conto che qualunque sistema dispotico che garantisca eccessivo “ordine” comporta un prezzo da pagare talmente grande da renderlo controproducente addirittura per i suoi stessi sostenitori!

Di recente  è disponibile (servizio di streaming di Amazon Prime), anche  la terza stagione di questa saga “The man in the High Castle”, con la regia di Ridley Scott  (lo stesso di Blade Runner e di molti altri successi del cinema mondiale) . Come dicevamo questa serie tv è tratta dall’omonimo libro di Philip K. Dick che in Italia è intitolato “La Svastica sul Sole” . Questa è un opera che presenta molte analogie con “1984” di Orwell, tanto che viene da chiedersi come mai non sia altrettanto famoso.

Sia nel libro di Dick  che di  Orwell , il mondo è dominato da stati totalitari che limitano fortemente la libertà individuale , nel primo caso da destra nel secondo da sinistra.   Comunque in entrambi i casi la qualità della vita dei popoli e lo sfruttamento dell’ambiente non è certo, il migliore possibile.

Si fa accenno, verso la fine,  anche all’esistenza di “realtà parallele” dove la storia ha avuto altri corsi , tra cui la nostra realtà . E’ dall’interazione, limitata ma potente, tra queste diverse realtà che i mondi avrebbero la possibilità di migliorarsi a vicenda.

Dopo una potentissima azione di denuncia e riflessione , quello che forse manca a questa opera è l’assenza di una vera speranza , di una proposta concreta e positiva per costruire una realtà migliore.

Noi con la nostra associazione culturale  crediamo di aver trovato almeno l’embrione di quello che servirebbe  e ci permettiamo, a corredo della presente recensione, di proporvelo .  Chissà se mai una produzione intelligente vorrà incaricare qualche sceneggiatore che, in una quarta serie, metta in contatto -attraverso  il portale verso le altre realtà, visto nelle ultime puntate –  i nostri eroi  con un mondo parallelo dove sia stata messa in pratica la teoria che proponiamo (“Capitalismo a doppia valvola di sicurezza”, più recentemente rinominata “Teoria del Bene Comune”).

la teoria economica e sociale del “BENE COMUNE” conosciuta anche come “CAPITALISMO A DOPPIA VALVOLA DI SICUREZZA”

Certo in quel caso ne vedremo delle belle!

Ermanno Cavallini

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