COME PRENDIAMO LE NOSTRE DECISIONI, LE ULTIME SCOPERTE SCIENTIFICHE IN MERITO.

Per molti anni e ancora oggi nell’immaginario collettivo, si è diffusa l’idea che le decisioni che prendiamo ogni giorno, siano dettate da un tentativo di essere razionali. Secondo questo modo di pensare, le decisioni che poi si rivelano sbagliate sarebbero da imputare a una base di conoscenze incompleta o addirittura non veritiera, ma la scienza ci dice oggi che le cose stanno diversamente.

Tecniche relativamente recenti, come il Brain Imaging o il Neuroimaging, integrano diversi strumenti di indagine tra cui : la risonanza magnetica nucleare (RMN), la risonanza magnetica funzionale (RMF), la tomografia assiale computerizzata (TAC) , la tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli (SPECT) e la tomografia ad emissione di positroni (PET).

I supporti tecnici utilizzati dalle diverse tecniche sono disparati, ma lo scopo è unico: indagare la fisiologia cerebrale, scoprire come il cervello pensa, come agisce, come reagisce e come elabora informazioni.

Attraverso questi metodi di visualizzazione si sono potute capire le relazioni anatomo-funzionali dell’attività cerebrale, fornendo così, finalmente, una base scientifica molto più solida per le neuroscienze ed anche per la neonata neuroeconomia.

Grazie all’integrazione di queste nuove tecniche non invasive, è ora possibile scoprire aree e funzioni del cervello finora sconosciute o meramente ipotizzate dagli scienziati.

Il cervello umano, nelle ultime migliaia di anni, si è evoluto per adattarsi alle esigenze dell’ambiente e rispondere in maniera migliore alle esigenze di sopravvivenza dell’uomo.

L’evoluzione è stata tale che a livello neurofisiologico non sarebbe più corretto parlare di “un cervello”, bensì di “più cervelli”. In effetti, le tecniche di brain imaging hanno permesso di evidenziare nel cervello la presenza di tre aree ben distinte che influenzano in maniera diversa i processi decisionali dell’uomo:

  • il cervello rettile (o antico)
  • il cervello intermedio
  • il cervello recente (o corticale).

I cervelli rettile e intermedio assolvono alla funzione di soddisfazione di bisogni primari quali la fame, la sete, la paura, il desiderio, la rabbia, essi rappresentano per così dire la parte istintiva del cervello. Diversamente, il cervello recente espleta una funzione differente: è infatti preposto all’elaborazione di informazioni, all’apprendimento, all’attribuzione di significati, al riconoscimento di oggetti e persone. È dunque la parte più razionale del cervello.

Recentemente si è scoperto che le tre aree del cervello, non sempre agiscono in maniera sinergica e nella stessa direzione. Vengono così a crearsi effetti imprevisti e contraddittori nel corso di un processo decisionale, dovuti alla compartimentazione funzionale del cervello. È anche a causa di questa scoperta che le basi dell’economia classica, che vede l’individuo ragionevole e razionale come protagonista dei processi di decision making, sono state messe in discussione.

Infatti, se non possiamo essere certi di come stiamo prendendo decisioni, come possiamo affermare che il processo decisionale avvenga in modo razionale e controllato? In effetti non possiamo dirlo.

Inoltre, a seconda dei processi che attiviamo nel nostro cervello nella presa di decisioni– processi di tipo automatico (condizionati da parti del cervello più antico, come l’amigdala o il nucleo accumbens) oppure processi razionali (condizionati dal cervello recente) – cambia il carattere delle nostre decisioni, che saranno istintive, emotive e prive di una base razionale nel primo caso, oppure analitiche, controllate e coerenti nel secondo.

Una decisione influenzata da un processo automatico, che riesce a bypassare i processi controllati e consapevoli del nostro cervello, genera infatti una scelta non corretta.

La neuroeconomia  ci racconta che è l’interazione di questi tre “cervelli” a determinare l’esito delle decisioni e non solo l’aspetto razionale come fino ad oggi si pensava.

La ricerca, però, ci dice che non possediamo solo tre cervelli, possediamo anche quattro quadranti, quattro aree logiche. C’è differenza tra processi controllati e processi automatici che si attivano nelle diverse aree del cervello umano: i primi volontari, seriali e costosi in termini di dispendio di energie cognitive; i secondi inconsapevoli, spontanei e più “economici”. Come si è visto, tale distinzione tra processi rispecchia una suddivisione di compiti all’interno del cervello umano.

In proposito, gli studi hanno evidenziato come il numero di processi automatici che si attivano nel nostro cervello sia notevolmente maggiore rispetto a quelli controllati. Ciò si deve all’eccessiva quantità di stimoli ed informazioni a cui ogni giorno è sottoposto il nostro cervello: per risparmiare risorse cognitive ed accelerare i processi di ragionamento, infatti, di fonte ad uno stimolo il cervello preferisce attivare processi di tipo automatico, quindi elaborare informazioni con il minimo sforzo.

Gli studi del Professor Colin Camerer   hanno dimostrato come il numero di processi automatici che si attivano nel nostro cervello sia notevolmente maggiore rispetto a quelli controllati. Ciò si deve all’eccessiva quantità di stimoli ed informazioni a cui ogni giorno è sottoposto il nostro cervello: per risparmiare risorse cognitive ed accelerare i processi di ragionamento, infatti, di fonte ad uno stimolo il cervello preferisce attivare processi di tipo automatico, quindi elaborare informazioni con il minimo sforzo.

E’ necessario quindi introdurre un’ulteriore distinzione: quella tra  Processi cognitivi  , che coinvolgono la ragione, e  Processi affettivi, che diversamente hanno a che fare con le emozioni.

Questi quattro tipi di processi (controllati/automatici – cognitivi/affettivi) possono essere rappresentati da 4 quadranti, ognuno dei quali regola il nostro comportamento e le nostre azioni, quindi anche le nostre decisioni, vediamoli insieme:

  • 1° Quadrante: Processi Controllati Cognitivi

Sono i processi cognitivi consapevoli che vengono attivati sotto la volontà del soggetto, pertanto sono accessibili introspettivamente (es: il ragionamento che sottende alla valutazione della bontà d’acquisto di una nuova macchina). È il quadrante in cui l’attivazione del processo decisionale avviene in maniera deliberata, ma in cui lo sforzo cognitivo percepito è elevatissimo.

  • 2° Quadrante: Processi Controllati Affettivi

Sono processi controllati relativi alle emozioni. Lo stesso Camerer ha evidenziato la difficoltà legata all’attivazione di tali processi, che sono improbabili proprio perché legati alla riproduzione consapevole e deliberata di intere porzioni di vita emotiva.

  • 3° Quadrante: Processi Automatici Cognitivi

In questo quadrante si trova tutto ciò che il cervello automatico ha appreso dalle esperienze cognitive pregresse. Ad esempio, lo sciatore che cambia improvvisamente direzione per aggirare un ostacolo sulla pista mette in atto un processo di questo tipo.

  • 4° Quadrante: Processi Automatici Affettivi

Il quarto quadrante si contrappone al primo in quanto i processi che lo caratterizzano non solo avvengono in maniera inconsapevole, ma sono anche privi di una base cognitivo-razionale.

I processi automatici affettivi influenzano in maniera preponderante le nostre decisioni, percezioni e comportamenti.

L’esistenza dei processi automatici, insieme alla scoperta del cervello rettile e del cervello intermedio, dimostrano che spesso l’uomo non solo non ha la percezione di aver deciso una certa cosa, ma non sa neanche su quali basi abbia preso tale decisione!

Questo nuovo tipo di consapevolezza non può più essere trascurato oggi anche nella valutazione di sistemi di scelta per una ipotetica democrazia diretta o anche solo in merito alle attuali votazioni politiche per eleggere dei rappresentanti al senato o al parlamento.

In pratica dobbiamo considerare che la risultante sia dei sondaggi che delle votazioni, anche in politica, non sarà conseguenza di un solo processo logico ma dell’interazione complessa di questi tre cervelli e di questi 4 quadranti, integrando elementi sia logici che istintivi ed emozionali.

Anche da questo nuovo livello di consapevolezza, nasce la nuova teoria economica e sociale del BENE COMUNE già nota come  “Capitalismo a doppia valvola di sicurezza”   .

La nuova teoria nasce infatti dalla constatazione che è oggi necessario correggere alcuni grandi errori strutturali su cui sono state le teorie economiche del passato e cioè che sia desiderabile la massima ricchezza personale possibile.

il “Capitalismo a doppia valvola di sicurezza”  invece è costruito sull’assunto che sia desiderabile  il massimo benessere personale possibile che non corrisponde con la ricchezza  che fino ad un valore ottimale come emerso dagli studi degli anni 70 del   Professor Richard Easterlin.

Rispettosa dell’ambiente, questa nuova teoria è incentrata su una opportuna catena di “retroazioni” innescate da una nuova interpretazione dell’ Articolo n. 53 della costituzione Italiana  che riguarda la tassazione delle persone fisiche.  Si propone una apertura della forbice sociale tra ricchi e poveri (ne troppo ampia ne troppo stretta), per ripristinare il primato dell’economia reale su quella speculativa, mettendo l’economia al servizio dell’uomo e non il contrario come avviene oggi.

Per approfondimenti vedi il link:

la teoria economica e sociale del “BENE COMUNE” conosciuta anche come “CAPITALISMO A DOPPIA VALVOLA DI SICUREZZA”

 

Ermanno Cavallini

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